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Episodio 40: “Uno tzunami chiamato diagnosi”

“Vorrei solo tornare alla mia vita di prima …”

È questa la frase che ogni malato ha detto o pensato almeno una volta nella vita. La malattia ha il potere di mandare in frantumi il futuro che avevamo pensato per noi, colpendo in maniera forte e decisa ogni ambito della nostra vita. Vorremmo ritornare alla vita prima della malattia, perché tutto vada secondo i nostri piani. Quando questo viene meno, il mondo crolla. Noi crolliamo, perché nessuno ci prepara. Si pretende la vita di prima perché abbiamo delle aspettative, che però vengono deluse. La vita ci permette solo di andare avanti, così quello sguardo sul passato non fa che aumentare il dolore, la sofferenza, le cadute lungo il percorso. 

La diagnosi è come uno spartiacque, c’è sempre un prima e un dopo. E quel prima non tornerà più. E anche quando stiamo male da tempo e cerchiamo risposte, quando arriva la diagnosi spaventa, colpisce e fa male.

È come un lutto. Un lutto che ci pone di fronte ad una perdita irreversibile e da quel momento noi, che continuiamo a vivere, siamo costretti a costruire, anzi ri – costruire, la nostra vita e il nostro futuro intorno a quella perdita. Perdiamo la nostra salute, perdiamo la nostra identità di persona sana e subentra quella malata, in modo permanente. 

Proviamo un groviglio di emozioni, molto difficile da gestire, soprattutto quando ve ne sono di opposte e contrastanti. Siamo confusi… “proprio a me?” e poi, con rabbia “perché?”. Abbiamo paura e ci domandiamo se avremo una vita normale, se avremo le stesse opportunità degli altri. Impotenti, ci troviamo a lottare contro noi stessi e il nostro stesso corpo. Paradossalmente, siamo sollevati, quando finalmente troviamo un medico che crede al nostro dolore ed è in grado di aiutarci. È possibile anche sperimentare tutte queste emozioni insieme, sapendo che non sono interruttori che possiamo accendere e spegnere a nostro piacimento. Ogni emozione va ascoltata e accolta. Capire le nostre emozioni ci permette, infatti, di agire e, di conseguenza, affrontare la situazione che stiamo vivendo, qualunque essa sia. 

Per questo bisogna concedersi di vivere e attraversare negazione, rabbia, tristezza, fino ad arrivare all’accettazione. Arriva, infatti, un momento in cui dobbiamo accettare che non si torna più indietro, con la consapevolezza che il dolore ci rende sì diversi, travolgendo e scombinando tutto, ma ci lascia anche la possibilità di ritrovarci

Proprio come uno tsunami. Il momento prima colpisce e distrugge tutto, facendoci rimanere senza fiato. Il momento dopo tutto è fermo e noi possiamo solo guardarci attorno, osservando come tutto è crollato. È doloroso e noi abbiamo il compito di riconoscere quel dolore per poter ripartire da lì, consci di ciò che abbiamo perso. Non sarà facile, ma abbiamo la possibilità di ricostruire. 

La malattia e il dolore ci offrono, infatti, la possibilità di fermarci per un secondo, osservare e pesare la nostra vita, comprendendo ciò che conta davvero, ciò che ci rende felici. Non ci deve, quindi, stupire che, in un momento di così profonda conoscenza di noi stessi, possiamo attuare grandi cambiamenti nel lavoro o nelle relazioni. C’è chi può cambiare amicizie, partner, persone vicine. Può essere un momento in cui ci scopriamo e riscopriamo. Possiamo, così, capire anche chi mette in atto un comportamento apparentemente irrazionale e paradossale, ringraziando addirittura la malattia, perché in essa vede l’opportunità di riscoprirsi e crescere.

Ci saranno cose che non potremo più fare. Ma, a seconda della prospettiva da cui le osserviamo, queste avranno lasciato un vuoto o creato un nuovo spazio. Spazio per fare cose mai pensate prima, mai considerate. Non si può avere, anzi riavere, la vita di prima. Sarà una vita diversa, ma questo non significa che non possa essere ancora una vita emozionante e degna di essere vissuta.

Per approfondimenti:

● Kubler Ross, E. (1998). “Impara a vivere, impara a morire. Riflessioni sul senso della vita e sull’importanza della morte”

● Bonino, S. (2008). “Mille fili mi legano qui. Vivere la malattia”

“DIREZIONE PSICOLOGIA: Una bussola per il quotidiano”

Vi è mai capitato di avere difficoltà a concentrarvi e a dormire poco e male, senza sapere il perché? Di rinunciare a qualcosa per paura di fallire? Di non sapere come comportarvi davanti ad un evento improvviso? A partire da episodi di vita quotidiana, in brevi articoli rifletteremo insieme, sempre accompagnati da riferimenti scientifici, su come funzioniamo, cosa proviamo e perché.

Potete leggere i nostri articoli sul sito del Poliambulatorio Oberdan /Attività/ Direzione psicologia https://poliambulatorioberdan.it/direzione-psicologia-bussola-quotidiano o sulla pagina

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